L' ART. 25 DEL D.LGS. 342 / 1999 |
Per dare un’idea degli effetti che avrebbe potuto avere la sentenza della cassazione sono sufficienti alcuni numeri: l’eventuale recupero delle somme indebitamente percepite dalle banche si aggira intorno ai 30 miliardi di euro.
Al fine di evitare tali effetti devastanti per gli istituti di credito, il Governo D’Alema, in attuazione di una legge delega del 1998 che consentiva all’Esecutivo di apportare disposizioni integrative e correttive nel T.U.B. (Testo Unico Bancario), ha emanato il d.lgs. 342/99 (cosiddetto decreto salvabanche), che al secondo comma prevede in ogni caso che nelle operazioni di conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori. Le banche sono quindi tenute, per il futuro, a calcolare gli interessi attivi e passivi con la stessa periodicità (criterio del doppio binario).
In altre parole se si ritiene applicabile l’anatocismo, questo deve essere a vantaggio anche del cliente creditore.
Nel terzo comma, peraltro, del suindicato articolo si prevede che le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data.
Tale comma ha permesso alle banche di salvare retroattivamente fino a detta data la prassi (negoziale) del calcolo trimestrale degli interessi a debito.
Come si vede, quindi, l’intervento legislativo non ha risolto, semmai ha aggravato la problematica giuridica dell’anatocismo, a causa dell’incompleta ed errata formulazione delle norme!
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